dossier migrazioni
Extra Ordinem: migration’s dossier, is a curated editorial publication inquiring and critiquing the migratory policies embraced by the Italian Government in the year 2018.
The publication investigates the false narrations provided by media and government, and proposes – through a vast use of infographic and textual elements – a juxstaposed factual narration of the events.
The final editorial has been embraced by Anolf Lombardia as an educational tool for their formation courses.
BA Graduation project & thesis, ISIA Firenze
Florence, July 2019.
(printed a/o digital copies available via request)
[Details & Excerpts [IT] below ︎︎︎]
Language: Italian.
170mm x 225mm.
72 pages. Digital printing.
Color & B/W.
1st edition: 25 copies.
Printed at TAF – Tipografia Artistica Fiorentina,
Florence, June 2019.
Premessa:
Nella terminologia giuridica, la locuzione extra ordinem definisce l'adozione di particolari misure che impongono obblighi non espressamente previsti dall'ordinamento ordinario e che trovano fondamento di legittimità nei presupposti di necessità e di urgenza imposti dall'autorità pubblica. Risulta, fondamentalmente, il principio costitutivo della legittimazione dello Stato di Eccezione.
Al tempo stesso, extra ordinem, riferisce a tutto ciò che risiede fuori dall'ordinarietà delle cose, fuori dal quotidiano.
L'evento migratorio, di cui si tratta nell’editoriale in questione, risulta per primo vissuto come un evento extra ordinem, e la percezione di questo come tale porta allo strutturarsi del paradigma xenofobo, frutto di disinformazione, che il dossier stesso vorrebbe ristrutturare.
L'immagine degli eventi qui proposta poi, è, quando paragonata a quella del mainstream, a sua volta extra ordinem. Si pone infatti come altra rispetto a quella comune nel quotidiano e affronta gli eventi su di un piano diverso da quello in cui risiedono nel contesto del dibattito pubblico e politico, offrendo così una lettura differente, ma non meno veritiera.
La tipologia di dossier è a sua volta fuori dell'ordinario rispetto a quanto già in circolazione. Risulta infatti diversa rispetto ai report statistici, alle analisi migratorie e a documentazioni similari.
In sintesi, viene tentata un'operazione comunicativa altra rispetto a quelle cui siamo abituati, nel tentativo di favorire un cambiamento paradigmatico e percettivo nei confronti di una tematica estremamente rilevante e particolarmente complessa.
Estratto:
“Attacchiamo i giornali per creare contrapposizione, ma sappiamo che non contano più nulla. Le nostre pagine raggiungono dieci milioni di spettatori. La gente non vuole leggere le notizie, le vuole vedere.”1
A lungo, quelli che chiamiamo “Paesi Occidentali”, sono stati convinti e abituati a considerare il loro modello democratico come definitivo, irrevocabile, ultimato. Recentemente, però, il panorama internazionale è cambiato, mutato improvvisamente, passando dal suo bipolarismo, da una definita distinzione tra primo e terzo mondo, a un multipolarismo “fuzzy”2, effervescente.
Sono emerse nuove superpotenze, economiche e politiche, e la definizione canonica di democrazia cui si era abituati non è più così chiara, non rientra più in quei dettami con cui era usualmente intesa.
Dalla comparsa di Internet, e con l’esponenziale accessibilità alle tecnologie di cui tutti oggi disponiamo, è aumentato vertiginosamente l’accesso all’informazione, cambiando noi e il mondo con cui ci relazioniamo quotidianamente.
La recente crisi dei partiti poi, a braccetto con quella dei sistemi, con la sfumata fiducia nei media dell’informazione tradizionali e con l’avvento dei fenomeni populisti, partecip e creatori di una nuova realtà, di nuovi paradigmi, hanno portato a una crisi quasi totale di quell’attitudine critica destinata ad orientarsi nella massa sempre più ampia e fuorviante dell’informazione.
In un panorama così mutevole, individualizzazione e presentismo, si sono rivelati come sintomi e cause del processo di disinformazione stesso, cui siamo testimoni e partecipi quotidianamente.
Il singolo infatti – scrivono Luca Comodo e Nora Schmitz –3 diviene misura delle cose e compie quella torsione per cui le opinioni del cittadino comune valgono quanto quelle dello scienziato di fama.
Ciò porta a quel fenomeno, noto come presentismo, per cui politica e interpreti qualsiasi appannano memoria storica e dati attraverso narrazioni volgari e incomplete, spesso delegate alla filter bubble del web e dei media comunicativi. Comunicazione e informazione risultano così banalizzate, come il linguaggio che, applicato solo nei suoi minimi termini, risponde ora alle nuove necessità dell’informazione: brevità, velocità e semplicità.
La veridicità dell’informazione sfuma da quelle che sono le sue prime necessità, portando a una condizione per cui l’importanza di questa passa in secondo piano, e l’esclusiva conoscenza dell’accaduto, scarno degli attributi che in precedenza ne avrebbero garantito la comprensione e la criticità, passa in primo piano.
Inoltre, la costante coesistenza, anche nel discorso politico, di continue e diverse narrazioni dei fatti - sempre più spesso in contrapposizione con il reale - sposta il piano della conoscenza dall’asse del concetto di verità come tale, a quello di verità come interpretazione, dove il valore del primo diventa irrilevante al punto che la percezione e l’opinione risultano la nuova verità.
Ne deriva che il paradigma entro cui l’informazione si è sempre mossa è inevitabilmente variato: nonostante l’esposizione amplificata e costante all’informazione, la percezione risulta impoverita e i dati inefficaci. L’esperienza diventa nulla, e i soggetti sentono di sapere e comprendere esponenzialmente di meno.
La causa alla base di questa condizione risiede nell’indebolirsi di quei meccanismi, interni ed esterni, che in precedenza consentivano di trasformare il dato in informazione.
La dispersione e l’iper diffusione delle fonti, complice la nostra costante connessione al sistema, risulta causa di questo relativismo, affiancato indubbiamente dalla sempre più difficile distinzione tra il dato manipolato, la fake news, le iperbolizzazioni e l’informazione di parte. Sono così smarriti quei fattori, quei punti di riferimento esterno, che consentono all’individuo l’azione di uno spirito critico.
A riprova di ciò osserviamo come ormai gli strumenti d’informazione e i loro contenuti, siano divenuti sempre più scarni, superficiali, di fruizione accelerata, favorendo l’espansione di una filter bubble spesso creata inconsciamente da noi stessi e dalle nostre connessioni sociali, rendendoci così soggetti a confirmation bias che, nella maggior parte dei casi, ci portano a ignorare o a manipolare le informazioni contrastanti le nostre convinzioni e i nostri principi. La scelta relativa l’assimilazione dell’informazione, così, non è più razionale, dettata dal pensiero critico, ma puramente inconscia, irriflessiva e dettata da pulsioni quasi esclusivamente istintive, quelle che David Kahneman definisce come dettate dal Sistema 1.4
Quanto descritto, a prescindere dal suo grado di complessità, non può essere risolto con un 'ritorno all’ordine'. Un approccio conservatore non porterebbe soluzione. I cambiamenti, i dogmatismi e i sintomi di quanto abbiamo visto crescere e collimare nel 'populismo' – come comunemente inteso – non sono,
di fatto, eliminabili attraverso un semplice rifarsi alla tradizione, al passato. Ci si trova di fronte a fenomeni strutturali che richiedono una profonda ristrutturazione delle logiche culturali, relazionali, politiche e sociali. Si necessita anzi di una trasformazione di
quelle precise logiche fino a oggi funzionali, un’emancipazione di e da quei sistemi novecenteschi cui andiamo ora scardinandoci.
[...]
(printed a/o digital copies available via request)
1:
Rocco Casalino, parlando della copertura mediatica del governo gialloverde. L'Espresso, 26.8.18. pg 23 - 262:
Eco Umberto, Il Fascismo Eterno pg 25: Fuzzy: atto ad indicare insiemi sfumati, confusi, sfocati.3:
Luca Comodo e Nora Schmitz in “Post-verità” per Wired Italia; issue 87; inverno 2019; pp 176 - 178.4:
Daniel Kahneman, Pensieri Lenti e Veloci, Feltrinelli, Milano 2012.
Il sistema 1 è il primo sistema di decision making nell’uomo, la componente inconscia e costante del nostro intelletto, caratterizzato da un modo di operare veloce e automatico, senza sforzo, a cui non viene applicato un controllo volontario.